Questa casa è un albergo

Passata la soglia di casa di mia madre, mi son subito rilassata. Prospettiva: una “vacanza” servita ed aiutata in ogni cosa, in ambiente famigliare e quindi più rilassante di un albergo, e con temperature più umane rispetto a casa nostra. Inoltre, vivendo da mia mamma avrei smesso di vedere casa mia e di preoccuparmi per i mestieri piantati ed il disordine.
Non potevo accorgermi di avere sete che mi veniva offerto da bere – acqua o pompelmo o mirtillo. Appena avevo un filo di fame bastava aprire il frigo, c’era macedonia succulenta sempre pronta e poi affettati, acciughe, pasta fredda. Quando morivo di stanchezza la nonna Franca (eh si, già più nonna di Elio che madre mia) era sempre pronta a tenermi il pupo, in modo che potessi se non altro bere un caffé o pisciare con calma. Divano comodo per allattare. A quel punto “bastava” ingranare col pupo.
Il nostro paperotto aveva sempre la stessa aria sana e tranquilla, ma quando strillava dalla fame tirava già la casa e allora pronti con l’aggiunta: prima ogni tanto poi a corredo di ogni pasto, passando rapidamente dai 30 g ai 60, e ai 90 a fine periodo. Ero salita da mia madre munita di latte in polvere, biberon, scaldabiberon e tiralatte elettrico convinta che tanto sarebbero serviti poco o nulla, ed invece eran tutti diventati oggetti d’uso frequente. Solo il tiralatte ho usato poco, più che altro perché quando restava del tempo o mangiavo o dormivo, quando potevo tirarmi il latte se il bambino dormiva così poco ed io ero sempre con lui?