La mia assenza da questo blog (il post precedente è di fine Febbraio!!!) dà una buona idea di quanto il pargolo sia diventato impegnativo, con le sue perlustrazioni indefesse sia fuori che dentro casa: non lo si può lasciar solo un attimo o tende a mettersi in pericolo in molteplici modi, e se mentre sei con lui ti metti a far dell’altro ce l’hai subito addosso, che vuol ciucciare il tuo altro…
Ma andiamo con ordine: 1) gattona come un forsennato 2) spinge, tirona, perlustra fori, ficca in bocca, strappa 3) osserva attentamente le cause e gli effetti = bella l’acqua per giocare, ma è il rubinetto che comanda e bisogna imparare ad aprirlo; bella la luce da guardare, ma è l’interruttore che comanda e bisogna imparare a farlo scattare 4) da un paio di settimane qualsiasi scusa è buona per farsi prendere le mani e camminare (o trottare) ovunque con ausilio di terzi 5) ieri sera sono rientrata da fuori, lui mi è corso incontro gattonando e quando mi ha raggiunta ha chiamato “Mamma!”.
Sarei ancora tutta sciolta per il punto 5 (un’emozione cretina ma irresistibile), se non fosse che nel frattempo il papero ha chiamato “mamma” molte altre presenze: il papà, l’amato bidet (dove gioca con l’acqua), varie. Oggi poi un intero pomeriggio di BRRRRRRR – siam rientrati nella normalità.
Figlio sano bellissimo simpaticissimo, lo adoro, ma venerdi scorso mi son trovata a chiedere ad una collega:”A che età si ricomincia ad avere una vita?”. Secondo la collega, bisogna aspettare che faccia i tre anni e vada alla materna, a quel punto sarà un po’ più autonomo e sua mamma potrà respirare; a me basterebbe non schiantare a letto così presto la sera, e non dover strappare al sonno (con le unghie!) quei venti minuti di vita cerebrale necessari per leggere qualcosa, e per poter chiudere gli occhi con la sensazione che anche oggi un pochino s’è vissuto. Perché fra lavoro e pupo e spesa e casa e marito, la vita intellettuale è diventata un lusso praticato con fatica dopo le 22 o le 22:30 – ho arretrati da leggere perfino di Topolino, figuriamoci il resto! Ovviamente non ho più tempo per praticare il Taichi a casa, vado a lezione una volta a settimana (col marito che fa salti mortali per tornare dal lavoro abbastanza presto e darmi il cambio, bontà sua) e spero che l’insegnante non mi defenestri perché faccio pietà.
Eh, però ha detto “Mamma”…
Domenica scorsa abbiamo sperimentato il primo viaggio in auto di due ore, giungendo alla conclusione che:
– dobbiamo cambiar macchina: la nostra ha il sedile centrale convesso, che quindi non può essere usato per il seggiolino del pupo. Il pupo legato al seggiolino laterale vede poco fuori, e diventa presto rabbioso;
– venisse un accidente agli aggeggi per la sicurezza dei pupi in auto: dopo mezz’ora legato senza poter gattonare, stare in piedi e combinarne, il pargoletto diventa una furia;
– si può viaggiare solo con pupo dormiente, quindi gli unici orari di partenza possibili diventano: 1. ore 9:00 dopo la merenda mattutina (di solito il pupo ci piazza un pisolo di minimo un’ora) 2. ore 13:30-14 (secondo ed ultimo pisolo della creatura). Visto che i rientri pomeridiani di solito si fanno partendo dopo le 16, i rientri pomeridiani sono un calvario.
L’unico problema ormai alle spalle è il cibo: basta cacciargli in bocca qualsiasi cosa che stiamo mangiando anche noi, purché masticabile per lui (spuntati due incisivi superiori), ed è buono tutto. Le pappe le mangia ancora, ma a patto che durante il pasto degli adulti arrivi un congruo numero di extra. Agli omogeneizzati preferisce le polpette della nonna, alla ricotta preferisce l’asiago.
In generale la sensazione è che basta voltar l’occhio, e domani va già militare.

Tana dei Panda
bambini si nasce, panda si diventa

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