E si continua a singhiozzo l’inserimento al Nido: qualche giorno di frequenza, casa, qualche altro giorno di frequenza, ogni volta ricominciando quasi da capo. Dopo la prima assenza – tre settimane con antibiotico! – mi son fatta fiscale, e se il pupo ha il raffreddore lo tengo subito a casa per evitare malanni peggiori; questo significa più assenze ma per periodi più brevi, e di questo passo il pupo finirà l’inserimento a Natale – ma pazienza, la salute innanzitutto. La nonna, sulle cui spalle è passata l’incombenza dell’inserimento, all’inizio ha fatto fatica ad accettare la nuova organizzazione; ma dopo qualche giorno, per fortuna si è resa conto che non ha molto senso portare al Nido un pupo affaticato dal moccio, dalla tossetta e dalle alterne capacità respiratorie.
Al Nido con la nonna il papero fa ancora più la cozza di quanto non avesse fatto con me, sempre attaccato a lei e quasi infastidito dalla masnada di nanetti alieni. D’altra parte a casa il papero mangia già da solo, mentre dalla nonna fatalità fa lo scemo, non alza un dito e si lascia imboccare, quindi è chiaro che sulla mollezza dei nonni ci marcia, per quanto la nonna sia anche brava e cerchi di non viziarlo. Ma volente o nolente, gli effetti di ‘sto Nido si vedono eccome, bastano pochi giorni di frequenza per quanto refrattaria e già il pupo impara a mangiare da solo, beve dal bicchiere, si arrampica – con successo – su sedie e seggiolone, tenta le prime parole (tipo “abbà” per acqua, la novità di ieri). Boh, forse il papero ha fisiologicamente bisogno di pause – frequenze brevi – proprio perché impara in fretta: va al Nido, assorbe X stimoli nuovi, poi si ammalicchia e nel tempo vuoto interiorizza, applica e sviluppa le nuove features assorbite. Per lui che è sempre così presente, in questo momento una frequenza continua del Nido forse creerebbe un corto circuito, un inutile information overload.
No, non sono io maniaca degli inglesismi, è lui che è figlio di un informatico.
Quindi abbiamo ripreso la vecchia routine: attività mattutine, scaricamento pupo dai nonni (per starci da malato o per venir portato al Nido in ora più tarda), passaggio all’alimentari di paese per il panino della pausa pranzo, lavoro, pausa pranzo di mezz’ora per poter uscire prima, lavoro, ritorno dai nonni a prelevare il pupetto, viaggio a casa con pupo a bordo, cena del pupo (e mia, ormai vivo di minestre con la pastina), attesa del babbo, feste al babbo (mentre ne approfitto per metter su la cena al babbo e sbrigare lavoretti), ultimi giochi, pigiama, addormentamento pupo/lavori di casa, lettura libri e poi nanne.
L’unico lusso della giornata è quindi il panino del pranzo, dentro al quale mi faccio mettere formaggi succulenti (francesi, piemontesi, o nostrani ma sempre ottimi): paninetti che costano dai 2 ai 3 euro, mi son proprio imborghesita! D’altra parte, dovrò pur compensare l’assenza di una vita propria…
E visto che si parla di panini, concludo col mio verso preferito nella canzone della ninna nanna:

Ninna nanna, ninna-o / questo bimbo a chi lo dò
Lo darò al nonno Lino che lo mangia nel panino