Ancora quella sensazione: un altro passo, il successivo, guardare dritto davanti a sé, vietato pensare oltre. Com’è istruttivo il test di Cooper.
Quand’ero un’adolescente goffa e un po’ sovrappeso, il test di Cooper era una tortura, IL male: non finiva mai, ed era durissima arrivare in fondo con un minimo d’onore, per salvaguardare almeno la decenza. Non si poteva fermarsi a metà e mollare, come faceva la compagna di classe davvero grassa – e non lievemente sovrappeso – quindi l’unica era andare avanti, tener duro ed aspettare che tutto finisse, senza morire nel frattempo.
Poi diventi un’adulta (ah ah!) più in linea ma sempre un po’ goffa, lavori nel settore privato in tempi di vacche magrissime, anzi scheletriche, e ti ritrovi affondata in quella medesima sensazione: ancora un altro giorno, ancora un’altra ora, dai che arriva il venerdi, forza che è quasi Natale. Il risultato dello sforzo non è il riconoscimento della propria accettabilità fisica ma avere ancora un lavoro, godersi i weekend col pargolo, e se la vita è grama pazienza, teniamo duro, ancora un altro passo, stira cucina fa la spesa, cura il pupetto con le sue magagne invernali, turati il naso in ufficio e guarda dritto davanti a te, al passo successivo.
Son tempi che è difficile avere delle prospettive.

Tana dei Panda
bambini si nasce, panda si diventa

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