Dopo anni che il bambino viene trattato come un bambino ‘speciale’, non adatto, un sospetto disturbo dell’attenzione; dopo essere stato mandato dalla psicologa, e dopo essersi sciroppato pure la psicomotricista, ecco infine: una maestra. Una signora in pensione, 80 anni portati benissimo, in pochi incontri fa quello che nessuna figura medica privata aveva mai fatto: controlla l’impugnatura della penna, la mobilità del polso, l’equilibrio fisico, la padronanza ortografica generale, la matematica di base, la capacità di comporre testi. Il tutto con tono autorevole e sereno, senza moine o vocine o ammiccamenti da pseudo-amica: maestra chiede, bambino esegue – così va il mondo.
Una epifania! Dopo anni di figure mediche dalla voce zuccherina e l’atteggiamento mieloso, che ormai manco le principesse Disney ricorrono più a questi mezzucci, e dopo anni di giudizi sulla psicologia del bambino – la lista dei suoi impedimenti caratteriali all’apprendimento – arriva UNA MAESTRA e gli insegna. Nessuna psicologia, nessuna analisi moralista sul suo mondo mentale, solo lavoro: una dimostrazione sul campo che, se il bambino applica i metodi che gli vengono trasmessi, il suo rendimento migliora e lui può finalmente smettere di sentirsi segretamente un minorato mentale.
E pensare che dobbiamo tutto al Coronavirus. Dopo mesi di isolamento e lotte feroci per ‘sti dannati compiti, ho deciso che ci voleva una figura succedanea alle sue maestre latitanti, affinché di fronte a una figura esterna alla famiglia il pupo riprendesse a lavorare sul serio e riscoprisse di avere un cervello. Avevo chiesto proprio alle maestre se mi consigliavano qualche nome, ma senza alcun riscontro; finché un nostro amico maestro non ci ha mandati dalla mitica Maestra Lidia. Dopo i primi incontri, la maestra decreta che il bambino è come se non avesse mai fatto la prima elementare: nessuno gli ha mai insegnato a scrivere, e lui non essendo dotato non è mai riuscito a imparare. Passeremo perciò l’estate a recuperare quanto mai trasmessogli anni fa.
Di fronte a questa maestra anziana ma modernissima, al suo sostenere che i bambini debbano scoprire da soli le regole e non impararle a paperetta (la matematica, la grammatica), al suo applicare metodi pratici e coinvolgenti per aiutare i bambini a correggere le proprie carenze (il ritmo, i salti su un piede solo, la ginnastica per i polsi), al suo improvvisare le attività in base ai bisogni specifici del bambino che ha di fronte, sorgono spontanee una serie di domande:
1) perché quando il pupo anni fa ha presentato i primi problemi, è stato mandato da una psicologa e non da una maestra? Visto che la psicologa ce la siamo pagata in privato, non era meglio spendere quei soldi per una attività didattica su misura, per dare un supporto in più al bambino e aiutarlo con attività specifiche per i suoi problemi specifici, invece di lavorare sempre su un nebuloso ‘disturbo dell’attenzione’ e somministrargli schede preconfezionate per tale disturbo?
2) la somministrazione: il pupo si è trovato a ripetere a scuola schede che aveva magari già fatto mesi prima dalla psicologa, o durante la valutazione ASL. Che razza di coinvolgimento affettivo-emotivo (e quindi intellettuale) ci si può aspettare da bambini ai quali viene somministrato materiale cosiddetto didattico, come fosse mangime per polli in batteria? E intanto in base a quei pacchetti preconfezionati i bambini vengono giudicati e inseriti in una classificazione: questo sarà un vitello da macello, quella una mucca da latte.
3) perché tante figure sia mediche che educative spesso si limitano a somministrare dei compiti, a correggerli e ad usarli per dare un parere medico inesorabile, e non fanno seguire la valutazione da un lavoro ad hoc per colmare le lacune così evidenziate? Perché a una competenza mancata in uno specifico campo viene dato un giudizio che alla fine della fiera è meramente morale? Come se uno che non sa nuotare, invece di insegnargli a nuotare lo bollassero per un disturbo distrofico-motorio – e poi lo lasciano annegare.
Alla domanda nr.1 mia suocera ha dato una risposta immediata: le maestre non mandano i bambini da un’altra maestra perché sono gelose e temono il confronto. Temo proprio abbia ragione: una figura medica non è percepita come diretta concorrente, ed è quindi meglio tollerata.
Quanto alla somministrazione dei compiti, temo sia puro darwinismo: si vuole allevare una massa omogenea di impiegatini obbedienti, perciò chi è naturalmente dotato di capacità impiegatizio-compilatorie va avanti, e chi non è dotato può pure soccombere durante il percorso, non ci sono né il tempo né le risorse per aiutarli a stare al passo. In cambio, ci si aspetta che le famiglie abbiano sempre le risorse finanziare per gli psicologi e tutto il pantheon medico; la medicalizzazione del problema sottintende che esso sia ascrivibile ai soli geni del bambino (e implicitamente a quelli della sua famiglia), ed elude il sospetto che possa esserci qualche carenza nella didattica.
Nella mia profonda ingenuità, ammetto che non mi sarei mai aspettata tanta desolazione umana dalla scuola elementare.