Quando tenti di entrare nel blog di tuo figlio con la username del lavoro, ecco, è arrivata la botta.
All’inizio c’è la novità, quel lieto formicolìo neuronale che tutto sommato ti fa sentire più viva e non ti fa pentire di aver lasciato il pupo coi nonni; e c’è l’adrenalina, il voler dimostrare ai colleghi che un anno a casa in maternità non ti ha del tutto rincoglionita, che basta una spolverata e le vecchie capacità tornano, ragazzi sono operativa come voi. Poi parte la spalla – che non torna più la stessa. Poi iniziano i disturbi alle gambe, le calze a compressione progressiva – cose da vecchia! Poi, dopo settimane di questa vita, non trovi più il tempo per leggere perché schianti addormentata appena le incombenze di pupo e di casa sono terminate, e dormi pure male, perché hai sempre un buon 40% del sistema che gira, che gira, a macinare dati di lavoro, e quando non pensi a nomi casuali di farmaci (Poparnetina, Vendoruton, Teppaden…) ripensi a conversazioni e situazioni, chiedendoti per quanto ancora potrà stare a galla una nave del genere.
Insomma, la botta è arrivata.
Nel frattempo tuo figlio è partito a gattonare, dopo i primi giri ricognitivi inizia ora a spaziare da una stanza all’altra, lanciandosi su scarpe ciabatte e tentando di alzarsi in piedi tenendosi a qualsiasi ostacolo verticale con protuberanze prensili. Il tizio inoltre si è fatto furbo, e dopo un mese coi nonni se li gira e rigira come vuole, piantando musi e capricci per colossali quisquilie; perché non è importante la cosa in sé, ma che i servi rispondano adeguatamente agli ordini del padrone. Ovviamente ogni tanto fa le prove di autorità anche in casa: e visto che il papà è un po’ morbido – per quanto, per ora, non del tutto rincitrullito – la parte della dura-e-pura ovviamente chi la fa? La risposta inizia per m…
Ma visto che lo stress da lavoro non è sufficiente, il pupo ci aggiunge un po’ del suo e, proprio ora che gattona e quindi si muove tutto il giorno, ha iniziato a mostrare disinteresse per il cibo, o per meglio dire: se qualcosa è nel nostro piatto lo vuole anche lui, mentre le pappe lo annoiano a morte. Quindi passi la domenica con tre pentole su fuoco, per fare le minestrine ai gusti-novità in modo che l’essere riprenda a nutrirsi in modo adeguato – d’altra parte a che altro serve la domenica??? – col terrore che comunque neanche questo sia sufficiente. Terrore nel senso che è frustrante impegnarsi per fare i menu al piccolo, e poi ‘sto qua prende qualche cucchiata con sufficienza. D’altra parte ha sempre e solo due denti!, e senza denti mica possiamo dargli da mangiare la roba nostra, come pasto intendo, a parte gli ovvi problemi di sale e zucchero; ed è vero che si impegna a masticare con le gengive, ma ad una lentezza tale da non poter certo fare un pasto solido. Il pargolo è da mesi che sbava come un labrador, ma dopo i due simpaticissimi denti davanti non gli è più cresciuto altro; a questo punto sospetto che se li sia fatti crescere per venire più dolce e accattivante nelle foto, il resto probabilmente lo farà tutto assieme nel giro di un breve periodo non appena gli verrà voglia di rosicchiar braciole.

Tana dei Panda
bambini si nasce, panda si diventa

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